Chopin il gatto pianista

Il gatto che girava per il salotto elegante della mia professoressa d’italiano delle superiori, sembrava essere stato scelto in base all’arredamento: il suo mantello, ben curato e morbido già solo allo sguardo, era bianco con sfumature argentee, adattissimo al divano chiaro che padroneggiava nella sala ed ai mobili neri lucenti stile anni ’70, ma anche i suoi occhi, vispi e vitali, non sfiguravano nel bagliore sfolgorante di un salone chiaro illuminato da un lampadario gigantesco posto al centro del soffitto e degno dei più bei palazzi cinquecenteschi. Perfino i suoi movimenti, veloci, ma soffici ed eleganti, rientravano nella sensazione di morbidezza che poltrone, divano e cuscini sparsi un po’ ovunque, davano dell’ambiente. Il gatto, in questo contesto, mi appariva come bello ma freddo: forse perché mi sembrava una parte dell’arredamento. Gli anni passati dai   tempi   della  scuola,  il  diverso,   ed   in    parte

imbarazzante, ruolo che s’instaura fra un ex-allievo e la sua insegnate più bacchettona del liceo, rincontrata per caso, dopo dieci anni, per questioni lavorative, avevano creato un’atmosfera gelida. Così, tanto per rompere il ghiaccio, e non sapendo trovare altro argomento, dissi qualcosa sul gatto, una frase credo originale, intelligente e veramente arguta: “Bello il vostro gatto!”. Frase che si commenta da sola!! A cui ne feci seguire un’altra altrettanto originale, da chiedere i diritti d’autore: “Da quanto tempo c’è l’ha?” La professoressa, con la sua consueta austerità, mi disse con precisione la data di nascita, quella della prima vaccinazione, e tutta una sequenza di date che mi fecero ricordare, con un bel crampo allo stomaco, che lei era stata anche la mia insegnante di storia. Quando ormai il mio sguardo si era perso nel nulla, ipnotizzato da quella sequenza cronologica, sentì improvvisamente una musica di pianoforte: non era certo fluida ne ben eseguita, tutt’ altro, ma distinsi bene l’armonia dell’ “Inno alla gioia” di Beethoven. Così, colsi l’occasione per interrompere la padrona di casa e chiederle:”E’ sua figlia che suona il piano?” “No è Chopin” mi rispose secca. La risposta, soprattutto detta da lei, simbolo di serietà, mi colse di sorpresa e lì per lì non riuscivo a capire se fosse impazzita oppure dicesse sul serio, ed in questo caso chi diavolo era Chopin? Non certo il fantasma del famoso compositore. Poi intravidi un leggero sorriso affiorare fra le sue labbra, e con gli occhi indicare dietro di me, mi girai e vidi il gatto, quel suo meraviglioso gatto, disteso sopra il pianoforte con il muso a guardare la tastiera, tutto concentrato a muovere le sue zampine sui tasti, il bello e che lo faceva seguendo l’armonia della nota composizione e non a caso! Mi voltai di nuovo, questa volta nella direzione della mia ex professoressa, e non so dirvi che faccia avessi, ma lo stupore doveva aver disegnato un’espressione sul mio viso davvero divertente tanto che fece scoppiare a ridere la mia ex insegnate. Questa, una volta ripresasi dalla ricca risata, mi indicò il suo micio dicendomi: “Ecco Chopin”. A quel punto la risata divenne corale, ed il ghiaccio venne definitivamente rotto permettendomi di scoprire, tolti definitivamente i panni dell’austera prof., una donna deliziosamente simpatica, amante, non solo della cultura, ma anche della buona tavola, della buona compagnia e dei gatti.

 

 Il gatto Chopin della mi ex-professoressa era di color bianco-argenteo, ma quel che mi colpì di lui, più della sua bellezza, furono le sue doti musicali.
Chopin il gatto pianista
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gattoamico piccolo
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